Soggetti smarriti: Monza ’67, Clark nella leggenda

Un inizio da dimenticare

«Qualcosa deve essere andato storto!». Forse questo pensa Jim Clark mentre sta ancora raggiungendo lo stallo di partenza riservato all’autore della pole position ma alla sua destra Jack Brabham si è già avviato seguito dal lesto Gurney, da McLaren e da Amon che per non perdere l’attimo buono ha già prodotto un danno irreparabile sulla sua Ferrari. “Black Jack” da vecchia volpe si è mosso appena la bandiera verde si è abbassata, senza attendere il tricolore bianco-rosso-verde che dovrebbe sancire il via della gara. L’ex-Marine Gurney non gli è certo da meno sullo scatto e per Clark quel trentottesimo Gran Premio d’Italia inizia subito col piede sbagliato. Non può sapere che quel via così caotico è solo l’incipit della gara che lo consegnerà definitivamente alla leggenda delle corse.

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Il poster del 38° Gran Premio d’Italia (Copyright sconosciuto)

Un Gran Premio ricchissimo

Autodromo Nazionale di Monza, 10 settembre 1967. La nona prova del mondiale di Formula 1 è attesissima in quell’Italia che respira ancora l’entusiasmo del “boom” economico ed è lontanissima dagli anni di piombo. La Ferrari ha appena vinto il Mondiale Marche ai danni del colosso Ford, ma nella massima formula subisce ancora la tragica perdita di Bandini a Montecarlo e il grave incidente di Parkes a Spa, presentandosi alla gara di casa con una sola vettura per Amon. Ma sulla griglia non mancano i motivi di interesse: McLaren è sempre più competitivo con la vettura che porta il suo nome, l’americana Eagle ha appena conquistato una sonante vittoria in Belgio con Gurney e all’altissimo Dan affianca “Lulù”Scarfiotti, vincitore a Monza l’anno prima. Il campione uscente Brabham ha appena trovato in casa il suo avversario più ostico, il semi-sconosciuto Hulme lanciato verso la conquista del titolo mondiale. Ma la vera bomba è proprio tra le mani di Clark. Sulla nuovissima Lotus 49 ha esordito al Gran Premio d’Olanda il V8 Cosworth DFV: un propulsore innovativo, semplice e potente realizzato grazie ai cospicui finanziamenti Ford (nella foto sotto sulla Lotus ai box). Jim non può sapere che quell’otto cilindri cambierà per sempre il futuro della Formula 1, ma sa che la vettura vincente è tra le sue mani. I problemi di affidabilità di un progetto nuovo gli hanno condizionato l’annata, sa che non potrà diventare campione del mondo per la terza volta già quest’anno, ma la vittoria di tappa deve essere sua.

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Clark ai box sulla sua Lotus 49 numero 20. Alle sue spalle è visibile il V8 Cosworth che equipaggia in esclusiva le vetture della casa di Hetel. Quel propulsore nel decennio successivo diventerà leggenda (Copyright sconosciuto)

Una sosta non prevista

Senza le varianti e con la semplicissima aerodinamica delle Formula 1 prive di alettoni, Monza è una gara fatta da gruppi di piloti in continua lotta ruota a ruota tra loro, di scie e velocità altissime. Dopo il caos della partenza si crea subito un gruppetto di testa formato da Brabham, Gurney, Hill, Clark, McLaren, Stewart e Hulme. Jim non ci mette molto a farsi largo e al terzo giro è già in testa, seguito dal suo compagno di squadra Graham Hill. Sembra tutto facile per lo scozzese, nettamente il più veloce in pista oltre che il meglio equipaggiato. Anche la meccanica sembra finalmente poterlo supportare al meglio dopo le delusioni di tante gare precedenti. Già, tutto sembra filare liscio fino al dodicesimo giro quando Jim si trova a vedere un film già visto: le vibrazioni aumentano e si accorge subito di cosa sia successo: la sua posteriore destra si sta sgonfiando. Riesce a rientrare ai box per sostituire la ruota, ma negli anni Sessanta le soste sono la regola solo nelle gare di durata e non certo nei Gran Premi. La sostituzione non può che essere lunga e laboriosa. Così tanto che all’uscita dalla sosta la Lotus numero 20 si ritrova in quindicesima posizione staccata di un giro dalla testa della corsa, ereditata dalla vettura gemella pilotata da Hill. Per Clark è finita, pensano in tanti a quel punto. Tanti, ma di certo non Jim che appena riparte inizia a prodursi in una rimonta che ha dell’incredibile. A suon di giri veloci lo scozzese inizia a risalire posizioni. Riprende e passa prima Ligier, poi Bonnier e Ickx. Al 26° giro stabilisce il giro più veloce della gara in 1’28″5, mezzo secondo meglio di tutti gli altri, e già che c’è passa anche Siffert e Spence.

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Jackie Stewart al volante della BRM impegnato alla Parabolica (Copyright sconosciuto)

La rimonta impossibile

A quel punto tutti capiscono che la rimonta dello scozzese è ormai irresistibile. Al giro numero trentatre agguanta e supera anche l’occasionale compagno di squadra Baghetti, assunto da Chapman “una tantum” sulla terza Lotus. In una ventina di giri, complici anche il ritiro di McLaren e i problemi di Amon, Clark supera Rindt e si installa in quarta posizione. Nella sua furiosa rimonta Jim è riuscito a sdoppiarsi ed ha incontrato un inatteso alleato: il compagno Hill con il quale ha iniziato un vantaggiosissimo gioco di scie: “tirandosi” a vicenda sui lunghi rettilinei e i curvoni dello stradale di Monza, Jim ha recuperato preziosissimi secondi e Graham ha allungato sui più immediati inseguitori Brabham e Surtees, risalito dalla nona posizione in griglia con la Honda RA300.

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Clark e Hill iniziano ad avantaggiarsi con un abile gioco di scie ma il Gran Premio d’Italia riserverà ancora molte sorprese (Copyright Cahier)

La rimonta impossibile

Sembra che il Gran Premio d’Italia debba essere un festival delle vetture giallo-verdi di Chapman, ma i colpi di scena si susseguono ancora senza sosta. Al 59° giro il capoclassifica Hill è costretto al ritiro per un guasto al motore e tutto è nuovamente in discussione. Per la casa di Hethel è un brutto colpo:  i giri alla fine sono soltanto nove e una gara dominata sembra ormai irrimediabilmente compromessa. Nel frattempo però Clark ha completato la sua rimonta riprendendo la coppia Brabham- Surtees ed impiega solo due giri per “divorare” entrambi. Jim è riuscito nell’impossibile: ha recuperato un giro intero riprendendosi la testa di una gara che sente sua. Siamo al 61° dei sessantotto giri previsti ed il pubblico è in visibilio per lui. Passano sei giri di quello che ormai sembra una marcia trionfale tra gli alberi secolari del Parco Reale e quando solo sei chilometri separano Clark dalla corona d’alloro, la sua Lotus inizia a “tossire” e rallentare: sembra mancare la benzina, come se dal box avessero sbagliato i calcoli al momento di riempire i serbatoi.

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La Lotus di Clark affronta la Parabolica: Monza doveva essere sua (Copyright sconosciuto)

Il tuffo di John

La beffa è incredibile: Jim all’ultimo giro si vede passare da Surtees e Brabham che si giocano la gara in una volata da togliere il fiato. Alla fine due soli decimi separano il vincitore Surtees da “Black Jack”, che guadagna sei punti fondamentali nella lotta per il mondiale sul ritirato Hulme. Il “Figlio del Vento” vince un Gran Premio di Formula 1 per la sesta volta, l’ultima nella sua inimitabile carriera di iridato a due e quattro ruote. Anche per la Honda si tratta dell’ultima vittoria prima di un digiuno quasi quarantennale che terminerà quando Jenson Button vincerà in Ungheria nel 2006. La folla invade la pista e porta entusiasta in trionfo il vincitore sul campo. Ma dov’è il vincitore morale Clark?

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La volata finale tra Surtees e Brabham. Sarà al Honda del “Figlio del Vento” a prevalere (Copyright sconosciuto)

La benzina non “pompata”

Nonostante il rallentamento finale,  Jim ha appena chiuso terzo la gara più bella della sua carriera, dominata senza vincere. La sconfitta brucia ancora di più quando, due ore dopo la bandiera a scacchi, i meccanici Lotus ritrovano ancora undici litri di benzina nei serbatoi della monoposto di Clark. La causa della sconfitta non è quindi un incredibile errore di calcolo ma un problema alla pompa benzina, incapace di raccogliere gli ultimi litri di carburante sulla Lotus dello scozzese, mentre una pompa identica ha funzionato perfettamente per tutti e sessantotto i giri sulla vettura gemella di Baghetti.

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Clark si “consola” ai box dopo che un’ incredibile problema lo ha privato della vittoria (Copyright sconosciuto)

La sconfitta che rende immortali

Un atroce scherzo della dea bendata, ma quel giorno nessuno ci fa molto caso: con la superiorità messa in mostra in pista, il futuro è tutto dalla parte di Clark e della Lotus. La beffa di Monza viene lavata con lo champagne delle vittorie a Watkins Glen in chiusura della stagione 1967 e di Kyalami in apertura di quella 1968 (che vi raccontiamo in questo post). Sembra l’inizio di un nuovo dominio, schiacciante e scontato. Già, sembra. Il 7 aprile 1968 Jim Clark, in una gara di Formula 2 ad Hockenheim, sarebbe uscito di pista centrando un albero e morendo sul colpo. Anche per le corse quel 1968 segnò così tragicamente la fine di un epoca con la morte del pilota Jim Clark. Del pilota, non certo della leggenda. Perchè l’immortale Jim Clark era già nato un giorno di settembre dell’anno prima nel verde del Parco di Monza.

A seguire: una breve sintesi del Gran Premio d’Italia 1967

 

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