Soggetti smarriti: il Gran Premio del Presidente

La “torcida” a quattro ruote

Ci fu un tempo in cui il Brasile visse il suo “boom economico”. Bisogna tornare allo sboccio degli anni settanta dello scorso secolo quando il paese visse una stagione di grandi investimenti, rinnovamento e modernizzazione delle infrastrutture corrispondente al picco di popolarità del governo in carica. Peccato che quest’ultimo fosse una feroce una dittatura militare autoritaria che aveva censurato tutti i media e torturato ed esiliato i dissidenti per governare fino al 1985 con il tacito appoggio statunitense. Ma i militari al potere si resero ben presto conto che il consenso poteva essere allargato anche attraverso lo sport. Non solo con l’amatissimo calcio (la nazionale verde-oro aveva appena colto il suo terzo mondiale) ma anche attraverso l’automobilismo visto che la nuova gloria nazionale rispondeva al nome di Emerson Fittipaldi, fresco campione del mondo di Formula 1 1972. Fu così naturale proporre la disputa di un Gran Premio del Brasile che puntualmente arrivò, dapprima con un’edizione non valida per il campionato, poi regolarmente inserito in calendario dal 1973. Vincitore? Che domande, “l’enfant du pays” Emerson! La corsa aveva luogo nel più attrezzato circuito del paese ovvero Interlagos, una lunga successione di curvoni e rettilinei intrecciata su sè stessa per quasi otto chilometri presso la megalopoli di San Paolo, ma qualcosa bolliva in pentola…

Un feroce dittatore

A quel tempo infatti la carica di presidente apparteneva ad Emílio Garrastazu Médici, ovviamente generale dell’esercito e capo dei servizi segreti, il cui governo viene ricordato su Wikipedia come «il peggiore e il più repressivo della storia del Brasile indipendente». Niente male insomma. In ogni caso Medici decise che anche la capitale Brasilia dovesse avere un suo circuito e nacque così un modernissimo tracciato di 5476 metri caratterizzato da un lungo rettilineo ed un corrispondente tratto misto all’interno di un simil-catino in modo da permettere al pubblico una visuale completa sulla pista. Ottime le infrastrutture di supporto, ampi box e tribune, tante ambizioni ed un nome altisonante: “Autodromo Emilio Medici“. Giusto per evitare le autocelebrazioni.

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Un’ immagine della costruzione dell’Autodromo di Brasilia (copyright Ricardo Neto)

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Il Tracciato originale del circuito di Brasilia (Copyright Wikipedia)

L’occasione d’oro

Il circuito venne velocemente realizzato, era solo necessario cogliere l’opportunità di renderlo attivo. Manco a dirlo a “fiutare” l’occasione fu l’allora proprietario della Brabham, “un certo” Bernie Ecclestone, che prima di tutti capii che l’interesse verso la Formula 1 in un paese in espansione economica come il Brasile poteva essere un’ottima occasione di guadagno per tutti. Venne cosi organizzato per il 3 febbraio 1974 il Gran Premio del Presidente Medici, gara di F1 non valida per il mondiale, giusto una settimana dopo il Gran Premio del Brasile corso come di consueto al Circuito di Interlagos e vinto nuovamente da Fittipaldi. La vicinanza temporale tra le due gare brasiliane fu un’azzeccata intuizione di Ecclestone, che si prodigò anche per assicurare una logistica adeguata ed una nutrita partecipazione. La distanza San Paolo – Brasilia non era di certo trascurabile (oltre 2200 chilometri su strada…) ed il numero ventilato di 28 vetture restò solo sulla carta. Tuttavia i lussi offerti a chi soggiornava oltre ai ricchi premi di partenza e arrivo convinsero tutte le squadre escluse Ferrari e Lotus a partecipare almeno con una vettura. Con l’innesto di Wilson Fittipaldi, fratello di Emerson, sulla seconda Brabham in sostituzione di Robarts per accrescere il calore della “torcida” locale si raggiunsero i 12 iscritti. Non proprio un plotone vastissimo, ma meglio di nulla.

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Il manifesto originale del Gran Premio Presidente Medici (Copyright Kariyel Kiyoshi JR)

Una gara non proprio memorabile

La gara non viene ricordata certo per lo spettacolo offerto. Dopo una fiammata iniziale del “poleman” Carlos Reutemann ben presto tradito dalla sua Brabham, la testa finì nelle mani dell’idolo locale Emerson Fittipaldi, che con la sua Mclaren M23 “liquidò la pratica” dei quaranta giri previsti in poco più di un’ora e un quarto seguito da Jody Scheckter ed Arturo Merzario incassando i 50000 cruzeiros previsti per il vincitore. Gli altri piloti, più che offrire emozioni agli 85000 spettatori, sembravano impegnati a non affaticare la meccanica delle proprie monoposto attese ad un lungo viaggio in vista delle altre prove di campionato. Il più interessato sembrava essere un ventunenne di belle speranze che si dava da fare in pit lane senza nemmeno un pass, tanto da dormire nei box al termine di quelle giornate per non rischiare di essere respinto ai controlli in ingresso il giorno successivo. Si chiamava Nelson Souto Mayor, ne parleremo più avanti…

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Reutemann nella sua Brabham con accanto l’artefice occulto della gara di Brasilia, il suo “team manager” Bernie Ecclestone (Copyright DR)

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Arturo Merzario con la ISO terzo all’arrivo e premiato con 30000 cruzeiros (Copyright DR)

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Reutemann precede la Tyrrell di Scheckter, che coglierà il primo podio in carriera (Copyright DR)

Cambio al vertice

La gara di Brasilia fu comunque un successo e già si stava delineando un “derby” tutto verde-oro con Interlagos per l’assegnazione del Gran Premio nazionale quando un evento inatteso complicò i programmi. Poco più di un mese dopo la gara, il 15 marzo 1974, a Medici successe come capo della giunta militare il generale Ernesto Geisel. L’ex presidente alla fine del suo mandato abbandonò la vita pubblica ed il circuito che portava il suo nome assunse la semplice denominazione di “Autodromo di Brasilia”. Di Gran Premio non si parlò più per decenni e le uniche gare che ebbero luogo da quelle parti furono solo a carattere nazionale per oltre vent’anni.

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L’altro pilota locale Carlos Pace guida un gruppetto davanti al folto pubblico          (Copyright diariomotor)

Ritorno tra i grandi

Il quasi dimenticato circuito tornò alla ribalta nel 1995 quando il governo del distretto federale di Brasilia affittò la pista alla NZ Empreendimentos, società posseduta da quel ventunenne che dormiva nei box del Gran Premio Presidente Medici, che nel frattempo era cresciuto ed aveva vinto tre campionati del mondo di Formula 1 con il “nome d’arte” di Nelson Piquet. La pista di Brasilia venne ampiamente rimodernata ed anche intitolata allo stesso Nelson in vista di una nuova rinascita che sembrò concretizzarsi a fine 1996. Il 16 dicembre si corse infatti la 2 Ore di Brasilia, gara fuori campionato della BPR Global GT Series, disputata una settimana dopo l’altra gara brasiliana di Curitiba come nel lontano 1974 accadde alla massima formula. A vincere fu di nuovo una McLaren motorizzata BMW guidata da Johnny Cecotto e, manco a dirlo, Nelson Piquet.

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 il via della 2 ore di Brasilia 1996 (Copyright DR)

Il circuito della decadenza

Dopo il successo della 2 ore i programmi divennero molto più ambiziosi. Nel 1997 Nelson Piquet avanzò la proposta di spostare il Gran Premio del Brasile nella capitale federale a partire dal 1999 ma senza molto seguito, fino a quando il governo del distretto federale decise di riprendere il controllo della struttura. Nel 2014 l’autodromo avrebbe dovuto ospitare una prova del Motomondiale, ma l’assenza di fondi non permise di realizzare i lavori richiesti. Si ripiegò così sull’organizzazione della prova inaugurale della Indycar Series 2015, ma a meno di due mesi dalla disputa della corsa il nuovo governo federale decretò di non concedere più fondi pubblici per scopi non necessari alla collettività (concetto su cui si potrebbe ampiamente dibattere) decretando di fatto la fine delle prospettive per il circuito. Da quel momento l'”Autodromo Nelson Piquet” è rimasto un cantiere aperto sulla via della fatiscenza, decadente quanto la dittatura che ne decretò la nascita. Ma della gara che portava il nome di un presidente, resta ancora qualche immagine a colori:

2 pensieri su “Soggetti smarriti: il Gran Premio del Presidente

    1. Ciao Marco, grazie per il complimento! Beh credo che alla ISO più che contenuti tecnici (da quello che ho potuto conoscere mi sembrava una vettura convenzionale ma non scadente) mancavano soprattutto risorse. Come accaduto a tante altre squadre “piccole” nella storia della massima formula. A presto e continua a seguirci!

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