Ruote perdute: Rial F1, il ritorno di Schmidt

Un personaggio in cerca di rivincita

Dopo il divorzio dalla ATS (di cui vi abbiamo parlato in questo post), Günther Schmidt ripartì da zero e lo fece partendo da ciò che meglio sapeva fare: i cerchi in lega leggera per automobili. Con capacità e conoscenze non impiegò molto a rilevare un’azienda del settore, la Rial, con sede a Fußgönheim, nel land Rhineland-Palatinate. Poco dopo il dinamico imprenditore tedesco ripetè quanto già vissuto con l’ATS scegliendo di rientrare in Formula 1 con una nuova squadra per pubblicizzare il marchio. In breve tempo il progettista Gustav Brunner, di ritorno alle dipendenze di Schmidt dopo un’esperienza in Ferrari, realizzò la ARC1 spinta dal un motore Cosworth DFZ, aggiornamento del mitico V8 dell’era pre-turbo, in vista della riduzione della potenza dei turbocompressi nel 1988. La vettura era caratterizzata da una notevole somiglianza con la Ferrari F1 / 87 anch’essa figlia di Brunner tanto da meritarsi il soprannome di “piccola Ferrari blu”. Il soprannome appare un po’ ingeneroso, perchè la Rial appariva tecnicamente molto interessante specie per quanto riguarda il sistema sospensivo, costituito da una doppia sospensione a quadrilatero pullrod e ammortizzatori posizionati orizzontalmente contro il telaio. Dietro il volante trovò invece posto un pilota ormai esperto, veloce e forte di una bella sponsorizzazione griffata Marlboro: l’indimenticato Andrea De Cesaris.

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La Rial ARC01 debutta nel Mondiale di Formula 1 1988 tra le esperte mani di Andrea De Cesaris (Copyright sconosciuto)

Le dimensioni (del serbatoio) contano

Nonostante il grave problema della insufficiente capacità del serbatoio carburante manifestatosi già dai primi test, l’ARC1 mostro prestazioni interessanti nel suo primo Gran Premio a Rio de Janeiro. De Cesaris partì quattordicesimo e raggiunse il sesto posto in gara prima di ritirarsi a sette giri dal termine. Ovviamente perché rimasto senza benzina! Nelle gare successive problemi meccanici (e due infrazioni al regolamento tecnico…) privarono la squadra tedesca di ogni risultato utile. Particolarmente bruciante fu il ritiro in Canada, ancora una volta con il serbatoio a secco. Ma la settimana successiva nel Gran Premio degli Stati Uniti a Detroit giunse il riscatto: De Cesaris conquistò un fantastico quarto posto e con esso i primi tre punti per la Rial. Ma fu anche un risultato del tutto estemporaneo per la compagine teutonica. A partire dal Gran Premio di Francia infatti le prestazioni della «Ferrari blu» colarono a picco e dopo il tredicesimo posto nella gara di casa a Hockenheim Brunner lasciò il team. Senza guida tecnica e con problemi meccanici continui, la Rial collezionò sei ritiri consecutivi con l’unica consolazione di un ottavo posto per De Cesaris a fine stagione in Australia.

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De Cesaris si sfila dall’abitacolo della sua Rial dopo un’ uscita di pista. Il finale di campionato sarà molto avaro di risultati per la monoposto tedesca (Copyright sconosciuto)

Dall’Inferno al Purgatorio

Nel 1989 infatti il regolamento tecnico cambiò radicalmente con l’uscita di scena dei motori turbo da 1500 cc in favore del ritorno agli aspirati di cilindrata 3500 cc. Questo cambio normativo ebbe come conseguenza un aumento esponenziale degli iscritti al mondiale, che giunsero a trentanove per venti squadre totali. Per riuscire a selezionare il gruppo delle trenta vetture che poi si sarebbero giocate i ventisei posti disponibili in griglia di partenza, la FIA introdusse la sessione di pre-qualifiche, ovvero una specie di anticamera dell’inferno per tutti colore che avrebbero avuto l’obbligo di parteciparvi. Nella pratica si trattava di una sessione della durata di un’ora ogni venerdì mattina precedente alle gare in cui i team che avevano ottenuto i risultati più scadenti nella stagione precedente si giocavano il diritto di accedere alle qualifiche. Ai piloti era richiesto di buttarsi a vita persa alla ricerca di un tempo accettabile facendo rotolare gomme di legno sull’asfalto di piste ancora fredde e sporche. Insomma una pena da girone dantesco per i derelitti di fondo paddock. Grazie al nono posto finale nel campionato costruttori 1988 figlio dei tre punti conquistati negli Stati Uniti, la Rial con il suo nono posto tra i costruttori riuscì ad evitare questa tagliola per il suo nuovo primo pilota, il tedesco Christian Danner, affare non scontato per molti altri concorrenti. Peccato che altrettanto non poteva avvenire per la seconda vettura iscritta dal team di Schmidt e affidata all’altro teutonico Volker Weidler. Per il 1989 il vulcanico manager ex ATS aveva infatti deciso di «alzare l’asticella» e presentarsi al via con due esemplari della nuova ARC2, evoluzione della precedente vettura ad opera dell’ingegnere Stefan Fober con aerodinamica aggiornata dal tecnico ex-McLaren Bob Bell e motore sempre Cosworth, finalmente aggiornato alla versione DFR.

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Per il mondiale 1989 Schmidt decide di scendere in pista con due esemplari della nuova ARC2 per la coppia tedesca Danner e Weidler (Copyright sconosciuto)

Il sogno americano

Dopo un inizio stentato (Danner 14° in Brasile e Weidler mai pre-qualificato) il riscatto per la Rial arrivò alla quinta gara, ancora una volta negli Stati Uniti dove si correva per la prima volta sul cittadino di Phoenix. In quella occasione Danner riuscì a ripetere il risultato di De Cesaris nell’anno precedente cogliendo un insperato quarto posto, mentre Weidler per la prima volta riuscì a pre-qualificarsi. Dopo il positivo ottavo posto conquistato dallo stesso Danner in Canada, la revisione dell’elenco dei forzati alle pre-qualifiche dopo il Gran Premio di Gran Bretagna vide entrambe le Rial entrare direttamente alle qualifiche per le restanti gare. Peccato però che questo evento positivo coincise anche con il crollo prestazionale e gestionale della squadra, con una serie di eventi che hanno dell’incredibile.

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Grazie ad alcuni risultati inattesi entrambe le Rial vennero ammesse direttamente alle qualifiche (Copyright sconosciuto)

Formula 1 a noleggio 

Al Gran Premio di Ungheria i tempi di qualifica di Weidler vennero cancellati in quanto l’alettone posteriore della sua ARC2 venne giudicato illegale alle verifiche tecniche. In seguito a questo brutto affare sia Fober che Weidler lasciarono il team, addossando la colpa di quanto accaduto al patron Schmidt. Come già raccontato nel post dedicato all’ATS quest’ultimo non era certo un tipo dal carattere facile e ci mise poco a sostituire i partenti: Pierre-Henri Raphanel prese il posto di Weidler portando con sé il nuovo progettista Christian Van der Pleyn. Il nuovo staff tecnico poté però fare poco per migliorare le prestazioni della ormai poco competitiva ARC2, incapace di qualificarsi ad una sola gara. La situazione nel team era in caduta libera: Danner lasciò tutto dopo il Gran Premio del Portogallo ed il suo sostituto Gregor Foitek nella gara successiva in Spagna subì un violentissimo incidente durante le qualifiche causato dalla rottura dell’ala posteriore. Lo svizzero riuscì a scendere vivo dalla macchina demolita, ma non salì mai più su una Rial. Comprensibilmente. Fu allora Bertrand Gachot il nuovo assunto per le ultime due gare, ma né lui né il compagno Raphanel riuscirono a qualificarsi per un solo GP con l’ormai obsoleta ARC2, lenta di diversi secondi al giro rispetto ai concorrenti di fondo griglia. Con questo finale più simile a quello di un’automobile a noleggio che a quello di una Formula 1, la Rial Racing chiuse il campionato costruttori 1989 al 13° posto e con esso anche la sua breve e non troppo fortunata avventura nella massima formula.

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Il neo-acquisto Foitek  si schianta contro le barriere a Jerez dopo il cedimento dell’ala posteriore della sua Rial. Non salirà mai più su una monoposto di Schmidt (Copyright sconosciuto)

Andata senza ritorno

Per Schmidt non ci sarebbe stato un altro ritorno in Formula 1. Ex-pilota anch’egli in Formula Vee, imprenditore coraggioso ed a tratti rude, il manager tedesco lasciò per sempre il mondo delle corse. Gli si riconobbe il merito di averci provato in un paese allora un po’ defilato rispetto alla massima formula come era la Germania degli anni pre-Schumacher, lanciando nomi interessanti al volante delle sue vetture. Non avrebbe mai più frequentato il mondo dei Gran Premi fino alla morte avvenuta nel 2005 a settantadue anni, di cui l’ultimo paio passato a lottare contro un tumore implacabile. Se ne andò così, lasciandoci il ricordo delle sue piccole «Ferrari blu» e di una Formula 1 dove già essere in griglia era una piccola grande impresa.

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Il secondo anno di vita della Rial Racing non mantenne le promesse trasformandosi in un calvario verso il definitivo abbandono alla massima formula con una poco produttiva girandola di piloti in alternanza (Copyright sconosciuto)

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