Ruote perdute: le tragicomiche avventure dell’Andrea Moda Formula

L’automobilismo regala spesso storie straordinarie, ma alcune avventure sono oltre la realtà, ai confini del tragicomico. Una di queste è sicuramente quella dell’Andrea Moda Formula, una pretenziosa “Armata Brancaleone” iscrittasi al mondiale di Formula 1 1992 e finita per essere cacciata dal grande Circus. Ma andiamo con ordine ed iniziamo la storia.

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               Perry Mc Carthy su Andrea Moda entra in corsia box a Imola                 (Copyright sconosciuto)

Un giovane rampante

All’inizio del 1992 Andrea Sassetti è un imprenditore marchigiano poco più che trentenne e di parecchio successo. Partito aiutando sul campo (anzi «nel» campo) i genitori mezzadri, è riuscito ad avviare un fiorente calzaturificio investendo una somma vinta giocando a poker nei tempi in cui i professionisti del gioco degli anni 2000 andavano ancora al nido. La sua azienda «Andrea Moda» con stabilimento a Fermo ha bisogno di visibilità ed il giovane rampante trova che una sponsorizzazione nel mondo della Formula 1 sia un ottimo veicolo pubblicitario. L’intenzione è quella di apparire sulle vetture della Scuderia Coloni. Peccato però che l’avventura del «lupo di Tuoro» nella massima formula stia volgendo al termine dopo una terribile annata 1991 marchiata da una mitragliata di mancate qualifiche e dal disastro del motore Subaru. A quel punto sembra sia nientemeno che Bernie Ecclestone in carne ed ossa a convincere Sassetti ad acquistare il materiale di Coloni per scendere in campo in prima persona mantenendo in pista la sedicesima squadra del Mondiale. Sicuramente più esperto come playboy che non come «patron» di un team, il protagonista della nostra storia non si fa pregare per buttarsi a capofitto nella mischia dando vita alla sua «Andrea Moda Formula». E da qui parte il vero spettacolo.

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           Perry Mc Carthy impegnato a Imola in un infruttuoso tentativo di qualificazione  (Copyright sconosciuto)

Vita dura per i costruttori fai da te

Come Sassetti ammetterà solo molto tempo dopo, fin dall’inizio ci sono soldi, per una sola vettura e pure pochi. Tuttavia, vista la disponibilità del materiale, si parte subito con due monoposto per Caffi e Bertaggia volando per l’esordio stagionale in Sudafrica. Esordio si fa per dire: la squadra non viene ammessa a solcare l’asfalto di Kyalami poiché non ha versato la tassa di ammissione richiesta alle nuove scuderie. Il «patron» si dice convinto di non dover versare il becco di un quattrino avendo acquisito la licenza di Coloni, ma la FIA non la pensa così. Peccato però che l’organo chiamato a legiferare sia proprio la Federazione, quindi le Andrea Moda non si mettono nemmeno in moto. Sarà solo la prima di una serie di mirabolanti avventure. Poco tempo dopo infatti salta fuori un’altra grana ben peggiore: quella della proprietà intellettuale. Un argomento sempre attuale, capace di attraversare i decenni ed agitare la Formula 1 come la questione morale per la sinistra italiana. I telai Coloni con retrotreno Dallara «messi in pista» dal calzaturificio più veloce del mondo semplicemente non possono correre perché progettati da altri. In pratica la mazzata mortale per la neonata squadra. Tuttavia i federali non hanno fatto i conti con l’indomito coraggio (o incoscienza) del nostro Sassetti, che contatta in Inghilterra un tecnico di grande inventiva come il giovane Nick Wirth . Quest’ultimo aveva a diposizione dei disegni commissionati qualche tempo prima dalla BMW per realizzare una monoposto laboratorio poi mai effettivamente costruita. Misteriosamente o miracolosamente grazie a quei disegni rimasti in un cassetto con l’ultima scatola di surgelati nel congelatore di casa, saltano fuori in sole tre settimane le nuove Andrea Moda S921. Si trattava di una coppia di «Frankenstein» formulistici senza voli pindarici tecnicamente parlando, con muso basso e fiancate dal profilo «a Coca-Cola», ma più che sufficienti a soddisfare i requisiti richiesti dalle norme.

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L’ indimenticabile livrea dell’Andrea Moda Formula con gli adesivi dei finanziatori incollati sul nero (Copyright sconosciuto)

Una doppia sostituzione

Con queste monoposto l’intrepida armata venuta da San Rustico si dichiara pronta per presentarsi in pista in occasione della seconda prova stagionale in Messico. O almeno dovrebbe, visto che nei box dell’ «Hermanos Rodriguez» ci sono tutti da Sassetti, ai meccanici (pochi), ai piloti. Mancano solo loro: le vetture, non prevenute per, pare, ritardi nella spedizione. A questo punto Caffi e Bertaggia non hanno percorso ancora un centimetro in macchina e qualche piccolo risentimento iniziano a mostrarlo, ma un vero condottiero va sostenuto nelle più dure battaglie e non contestato. Risultato: Sassetti li licenzia in tronco e per il terzo round in Brasile ingaggia nientepopodimenoché l’ «enfant du pays» Roberto Moreno, appena scaricato dalla Benetton per fare posto a Schumacher, e l’esordiente Perry McCarthy. Il primo scende in pista nelle pre-qualifiche, ovviamente alcuna speranza di riuscire ad ottenere un tempo utlile per accedere alle prove ufficiali, il secondo invece ha un problemino: è privo di requisiti per la Superlicenza per correre in Formula 1. Un po’ come volere prendere la patente per uscire in macchina senza avere passato l’esame di teoria. Sassetti non è tipo da impietosirsi: pussa via McCarthy, torna Bertaggia! Peccato però che il regolamento quell’anno preveda solo due avvicendamenti di guide nell’arco dell’anno e l’Andrea Moda le ha appena giocate. Contrordine Perry, mantenere la posizione. In realtà è solo questione di tempo perché arriverà anche la Superlicenza ma non momenti migliori in un rapporto tra pilota e squadra già tesissimo fin dall’inizio e impreziosito poi da alcune perle comiche che McCarthy racconterà in una gustosa autobiografia intitolata «Flat Out, Flat Broke: Formula 1 the Hard Way!»

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       Perry Mc Carthy spinge la sua Andrea Moda in corsia box a Barcellona: non è nemmeno riuscito ad entrare in pista (Copyright sconosciuto)

La dura vita del secondo

A parte una surreale telefonata in sede nella quale al suo «Sono Perry» McCarthy si sentì rispondere dalla segretaria: «Perry chi?», il pilota inglese è protagonista di un capolavoro degno del teatro dell’assurdo messo in piedi sul palcoscenico di Silverstone, sua pista di casa. Il malcapitato infatti è spedito a tentare la qualificazione con un treno di gomme da bagnato. Nulla di strano in Inghilterra, se non fosse che quel giorno del luglio 1992 a Silverstone. In casa Andrea Moda è l’unico treno di pneumatici disponibile. Beckett non avrebbe saputo fare di meglio… McCarty nonostante tutto resta nel team fino a Spa, quando all’Eau Rouge è protagonista di un incidente causato da un problema allo sterzo del quale, si vocifera, i meccanici sono a conoscenza. La sua esperienza in Formula 1 finisce qui, senza nemmeno una qualificazione, ma arriveranno soddisfazioni per il pilota inglese che anni dopo avrebbe vestito i panni del mitico The Stig fino alla terza stagione del popolarissimo programma Top Gear, in onda sulla BBC mantenendo rigorosamente segreta la sua vera identità.

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Il surreale tentativo di prequalifica a Silverstone di Mc Carthy: gomme da bagnato su pista asciutta. L’ Andrea Moda aveva terminato i treni disponibili… (Copyright sconosciuto)

Nella storia per undici giri 

Attenzione però. Come detto di Andrea Moda in pista ce ne sono 2 e se McCarthy non vede mai non solo il via della gara ma nemmeno quello delle qualifiche, lo stesso non si può dire per il suo compagno Roberto Moreno. In quell’anno di Grazia 1992 infatti i miracoli sembrano potersi compiere quando nel Gran Premio di Monaco il pilota brasiliano mette a segno il giro della vita qualificandosi per la corsa più nobile e «glam» del Mondiale. Un’impresa da annali dello sport tanto grande da regalare una speranza a tutti gli spettatori che, da quel sabato di maggio, possono pensare che con il coraggio ed una buona dose di sfrontatezza nella vita tutto sia possibile. Anche partire per un Gran Premio se si sanno fare solo scarpe. Quel giorno è memorabile anche la livrea della monoposto marchigiana: completamente nera ed «elegantemente» decorata con gli adesivi di alcuni coraggiosi sponsor che sembrano ritagliati ed incollati come nelle macchinine a pedali che usavamo da bambini. Senza dimenticare i piccoli fregi tricolori subito a monte dell’ala anteriore. Insomma, roba da far sognare ogni appassionato! Il sogno è realtà fino al giro 11 quando Moreno è costretto al ritiro, ma in fondo poco importa. L’Andrea Moda è già entrata di diritto nella storia della Formula 1. (a seguire una breve sintesi della gara)

Ritorno agli inferi 

Da lì in poi ricomincia la sequenza delle mancate qualifiche condite da momenti al limite del grottesco come le vetture giunte senza motori a Montreal (si dice per un mancato pagamento a John Judd) o il mancato arrivo a Magny Cours con le monoposto bloccate da uno sciopero degli autotrasportatori francesi. Lasciando per sempre irrisolto il mistero di come le altre quindici scuderie siano arrivate in pista senza problemi. Il punto più basso si raggiunge però a Spa, quando Sassetti stesso viene arrestato per frode finanziaria e false fatturazioni. La polizia belga non scherza: il «patron» viene ammanettato direttamente nel paddock sotto gli occhi dell’intero mondo della Formula 1. Per la FIA è la goccia che fa traboccare il vaso. Al successivo Gran Premio d’Italia le Andrea Moda vengono respinte ed espulse dal Mondiale «per aver danneggiato la reputazione dello sport». L’avventura della scuderia marchigiana finisce lì, senza nemmeno poter «deliziare» il pubblico di casa con un’ultima mancata pre-qualificazione. L’ Andrea Moda Formula è  facile vittima delle «purghe» federali volte a scoraggiare ogni possibile spericolato che volesse avventurarsi nella vasca degli squali chiamata Formula 1.(a seguire un breve filmato del via alle prequalifiche con Moreno che apre le danze in pista).

Chi l’ha più vista? 

Sassetti lascia la vita da proprietario di team senza rimpianti e torna a dedicarsi alla sua azienda, differenziando le attività con investimenti nei settori della ristorazione e dell’edilizia. Le sue tracce nel mondo delle corse, monoposto comprese, spariscono fino al giorno in cui concede un’intervista a Mario Donnini per il settimanale Autosprint nella quale dopo quasi 20 anni dalla chiusura della sua squadra racconta la sua versione dei fatti. Raccontando l’avventura in Formula 1, l’imprenditore marchigiano afferma che una delle S921 è ancora in suo possesso e di tanto in tanto si è divertito a guidarla personalmente a Misano. Nel cuore di ogni appassionato da quel giorno la speranza resta accesa: rivedremo mai in pista storie incredibili e grottesche come quella dell’ Andrea Moda Formula nel paddock pulito, perfetto ed iperprofessionale di oggi? Nulla è impossibile! Sognate gente, sognate…

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Una nera e sconosciuta monoposto aggredisce la salita del Beau Rivage per affrontare la curva di Massenet: l’Andrea Moda Formula sta saltando nella leggenda della Formula 1 prendendo parte al Gran Premio di di Monaco 1992 (Copyright sconosciuto)

2 pensieri su “Ruote perdute: le tragicomiche avventure dell’Andrea Moda Formula

  1. Fargio i tuoi post sono sempre il tanto agognato momento nostalgia! Ma magari ci fossero ancora dei cowboy del genere in Formula 1!!! Adesso per entrare devi iniziare a preparare la macchina tre anni prima conscio che il regolamento nei successivi 3 anni cambierà 3 volte. Più devi versare millemila milioni di euro per poter entrare a far parte del circus. Temo che non rivedremo mai più roba come la Andrea Moda, la Pacific, la Simtek o la Forti, a meno che in F1 non inizino a girare un po’ meno soldi……

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  2. Circa 15 anni fa conobbi Andrea Sassetti e nonostante non mi reputò una persona “simpatica”,posso affermare che egli non solo è un ottimo imprenditore ma un magnifico e coraggioso visionario.
    Ce ne fossero di imprenditori così in Italia capaci di reinventarsi dalla sera alla mattina.
    Per quanto riguarda i sequestri lasciamo fare la(sporca e collusa)magistratura,ma è lecito pensare che di tratti dell’ennesimo buco nell’acqua.

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