Ruote perdute: Riviera F1, il sogno brianzolo

Archeologia dell’auto

Scorrendo vecchie pubblicazioni relative all’automobilismo capita spesso di imbattersi in fatti sconosciuti o praticamente sommersi dallo scorrere del tempo. In questo ambito nulla è più affascinante che ritrovare nomi di vetture mai nate, ricercando poche e frammentarie notizie come dei veri e propri archeologi. Se questo esercizio vi stuzzica, nessun periodo storico dello sport dell’automobile sembra essere fecondo quanto gli anni Settanta dello scorso secolo nella massima formula. Ecco, proprio scavando come veri archeologi fino allo strato dei “Seventies” può emergere un fossile composto da pochissimi resti: quello della Riviera F1.

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L’unica immagine della Riviera F1 e nel riquadro il pilota designato Alberto Colombo (Copyright sconosciuto)

Da sponsor a costruttori

La storia di questa fantomatica scuderia iniziò proprio al crepuscolo degli anni settanta, alla fine di quel 1979 in cui Jody Scheckter aveva colto con la Ferrari 312 T4 quello che per oltre un ventennio sarebbe rimasto l’ultimo titolo iridato piloti conquistato dalla scuderia di Maranello. A qualche chilometro di distanza proprio in quelle settimane uno sparuto gruppo di industriali brianzoli “fiutò” che la Formula 1 di quel tempo potesse essere un ottimo veicolo promozionale prendendo una coraggiosa decisione. Non si sarebbero limitati a semplici sponsorizzazioni ma avrebbero investito fondi per la costruzione di una monoposto completa. Quella che sarebbe diventata la Riviera F1. L’embrione della scuderia nacque a Giussano (allora provincia di Milano, oggi Monza-Brianza) dove iniziò la progettazione della vettura affidata all’Ingegner Giorgio Valentini, tecnico con esperienze precedenti in Autodelta. Per la fase realizzativa si decise di procedere come una tipica scuderia “artigianale” dell’epoca: si acquistarono una monoscocca inglese costruita da Thompson, un cambio Hewland e l’immancabile otto cilindri Cosworth DFV, vero best-seller della Formula 1 nell’era pre-turbo.

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Disegno in trasparenza del Cosworth DFV simbolo della Formula 1 anni Settanta (Copyright sconosciuto)

Pilota dei paesi tuoi

Anche la scelta del pilota era già stata effettuata: si sarebbe trattato dell’altrettanto brianzolo Alberto Colombo. Il pilota di Varedo, allora quasi trentaquattrenne essendo nato il 23 febbraio 1946, era un pilota di tutto rispetto nel panorama tricolore. Dopo essersi laureato campione italiano di Formula 3 nel 1974 aveva passato un interessante triennio nell’allora prestigiosissimo campionato europeo di Formula 2. Nel 1975 aveva colto il suo primo punto nel Gran Premio di Nogaro utilizzando una March – BMW della Trivellato Racing ed avrebbe ripetuto il risultato anche nel 1976 nella gara portoghese di Estoril. Dopo un 1977 alla grande (chiuse ottavo in classifica finale con 18 punti impreziosendo il tutto con un terzo posto al Mugello) in cui fu secondo nell’Italiano dietro Riccardo Patrese, si aprirono per lui le porte della massima formula.

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Alberto Colombo al volante della March 772-BMW della Trivellato Racing nel 1977 (Copyright sconosciuto)

Colletta per la F1

Fu Gunther Schmidt, il “boss” della tedesca ATS, a credere in lui, ingaggiandolo per sostituire Jean-Pierre Jarier a stagione 1978 già iniziata. Peccato però che Colombo nelle due gare a cui venne iscritto, ovvero i Gran Premi del Belgio e di Spagna, non riuscì a superare lo scoglio della qualifica e Schmidt, noto per un carattere non proprio facile, decise per l’immediato appiedamento. Il rammarico per Colombo era tanto ma addirittura una raccolta di fondi promossa tra i lettori da Marcello Sabbatini, vulcanico direttore del settimanale Autosprint, permise a Colombo di iscriversi al Gran Premio d’Italia al volante di una seconda Merzario. Tra pochi fondi, vettura poco competitiva, tempi ristretti e poca esperienza il destino era segnato: Colombo non riuscì nemmeno a prequalificarsi. Insomma nella massima formula tutto sembrava finito ancora prima di cominciare per il pilota di Varedo. Per sua fortuna non aveva lasciato definitivamente la formula cadetta nella quale continuò al volante di una March-BMW della San Remo Racing strappando undici punti  nel 1978 ed otto nel 1979 con un altro gradino basso del podio conquistato a Thruxton.

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Colombo in pista a Zolder con l’ATS: mancherà la qualificazione al Gran Premio del Belgio (Copyright sconosciuto)

Chi l’ha vista?

Ma le speranze non muoiono mai ed ecco la prospettiva Riviera. Una possibilità concreta per Colombo visto che all’inizio del 1980 la vettura era stata effettivamente costruita e pronta per essere collaudata. A quel punto però accadde qualcosa che non venne mai chiarita completamente, o almeno scarseggiano notizie precise o reperibili. Per imprecisati problemi tecnici non risolvibili sulla monoposto completa si decise di interrompere il progetto. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato e rompete le righe. Addirittura si decise di rivendere parte del materiale ad altre scuderie della massima formula per rientrare nei costi. Fu così necessario smantellare completamente la monoposto ancor prima di aver fatto girare le ruote. Oltre a queste poche informazioni, nessun’altro indizio è reperibile sulla sparizione della Riviera F1, idem sugli investitori coinvolti. E Colombo? Il pilota brianzolo continuò in Formula 2 anche nel 1980 chiudendo ancora una volta terzo ad Hockenheim e correndo le ultime gare al volante di una Toleman-Hart. Ma il suo sogno della Formula 1 era già svanito insieme ad una monoposto che non corse mai.

8 pensieri su “Ruote perdute: Riviera F1, il sogno brianzolo

      1. Però tutto il materiale Kahusen, cioè una vettura completa più una incompleta, fu rilevato da Merzario, che modificandola ne fece la Merzario A4, per cui mi sembra strano che questa Riviera, che sento nominare e vedom per la pèrima volta, sia derivata da una Kahusen.

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  1. I miei offuscati ricordi dell’epoca mi riportano che la Riviera era stata realizzata partendo si dà una Kahusen ma che questa a sua volta nasceva dalle ceneri di una monoposto, forse l’ultima, costruita da Merzario. Correggetemi se sbaglio.

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  2. La Riviera è partita acquistando il materiale da Kahusen per avere una base di partenza, ma il telaio venne realizzato ex-novo e vennero utilizzate solo le componenti della carrozzeria ampiamente riviste.
    Complimenti a tutti per la competenza! Sono lieto che appassionati così seguano questo blog!

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